Un uomo è stato condannato a 10 anni di carcere per un post condiviso sui social: una storia che ha dell’incredibile.
Potrebbe sembrare assurdo, ma è vero: un uomo è stato condannato a 10 anni di carcere per via di un post condiviso sui social. La sentenza è arrivata in questi giorni e, attorno alla vicenda, si è aperto un acceso dibattito. Quello che all’inizio era apparso come un semplice controllo da parte delle autorità, si è trasformato in un vero e proprio incubo per lui e la sua famiglia.

Ahmed Al-Doush è stato arrestato quasi un anno fa mentre era in aeroporto, di ritorno da una vacanza insieme alla moglie Amaher Nour, all’epoca incinta. Negli scorsi giorni l’uomo, residente a Manchester, è stato condannato a 10 anni di carcere con l’accusa di aver condiviso “notizie dannose” in un tweet.
L’accaduto è reso ancora più paradossale dal fatto che il post, condiviso da Al-Doush nel 2018 sul suo profilo seguito da 37 followers, è stato successivamente cancellato. L’uomo, che nel Regno Unito lavora come analista aziendale senior presso la Bank of America, è stato quindi condannato per un post – il cui argomento centrale era la situazione in Sudan – visto da un numero esiguo di persone.
10 anni di carcere per un tweet: il caso di Ahmed Al-Doush
Al-Doush è stato fermato dalle autorità al King Khalid International Airport di Riyadh, in Arabia Saudita, mentre stava tornando da una vacanza. Gli agenti, come ricordato dalla moglie, gli hanno chiesto i documenti. “Abbiamo pensato che fosse solo un problema con il suo passaporto – ha spiegato Amaher Nour -. Mi ha chiamata dalla security e mi ha detto di prendere il volo con i bambini e andare in Turchia, il nostro scalo”.
La donna era convinta che il marito l’avrebbe raggiunta presto. Ma così non è stato. Era il 31 agosto 2024 quando Al-Doush è stato incarcerato e la sua famiglia ha dovuto aspettare cinque mesi prima di ricevere informazioni sui motivi del suo arresto.

Oltre al tweet sul Sudan (in cui non viene minimamente menzionata l’Arabia Saudita), è stato accusato di avere legami con un individuo che rappresenterebbe una minaccia per la sicurezza nazionale del Paese, per via delle sue aperte critiche nei confronti dell’Arabia Saudita. Al-Doush, tuttavia, conoscerebbe solamente il figlio di quest’ultimo.
La sentenza di condanna è stata annunciata lo scorso 12 maggio. Sebbene continui ad esserci un alone di mistero intorno alle accuse mosse contro l’uomo. Dal suo arresto, quest’ultimo è stato detenuto in condizioni illecite, senza poter contattare la sua famiglia per mesi o rivolgersi al consolato. Al-Doush ha sostenuto un lungo interrogatorio in assenza di un avvocato e nessuno lo avrebbe informato sulle accuse a suo carico.
Amnesty International si è mobilitata in difesa dell’uomo, dicendosi contraria alla sentenza e appellandosi alle autorità saudite per il suo rilascio, in quanto “detenuto per aver esercitato pacificamente i suoi diritti umani”, e la tutela del suo “diritto a un giusto processo”. L’organizzazione si è anche rivolta al governo del Regno Unito, chiedendo di intraprendere qualsiasi misura necessaria per la libertà di Al-Doush.